loading . . . #### Documenti riservati ottenuti dal New York Times svelano l’ultima frontiera della politica della Casa Bianca, il presidente starebbe lavorando ad una revisione radicale e apertamente discriminatoria del programma di accoglienza
Cala il sipario sulla statua della Libertà. L’America è sull’orlo di una svolta razzista senza precedenti. Documenti riservati ottenuti dal New York Timeas svelano l’ultima frontiera della politica di Donald Trump: il presidente starebbe lavorando ad una revisione radicale e apertamente discriminatoria del programma di accoglienza dei rifugiati con l’obiettivo di ridurre gli ingressi ai minimi storici e privilegiare chi parla inglese, i bianchi sudafricani e gli europei che si oppongono alla migrazione. Un progetto che ribalta l’idea stessa degli Stati Uniti come terra di accoglienza.
Il piano, elaborato dai Dipartimenti di Stato e Sicurezza interna, introduce criteri culturali e ideologici: corsi obbligatori su “storia e valori americani”, rispetto delle “norme culturali”, priorità a chi si oppone alla migrazione o sostiene partiti populisti europei. Un riferimento neanche troppo velato ai simpatizzanti dell’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland.
Trump, intanto, ha già cominciato a mettere in pratica parte del piano. Ha tagliato a 7.500 il numero massimo di rifugiati (contro i 125.000 fissati da Biden) e ha dato priorità agli afrikaner, la minoranza bianca sudafricana dell’ex regime di apartheid, sostenendo che siano vittime di persecuzioni razziali. Una tesi smentita dal governo di Pretoria: nessun dato mostra che i bianchi siano più a rischio di violenze rispetto ad altri.
Ma c’è un passaggio del progetto assai inquietante. “L’aumento della diversità – si legge- ha ridotto la fiducia sociale necessaria al funzionamento di una democrazia”. Tradotto: troppa differenza fa paura. È l’argomento classico del suprematismo bianco, secondo cui la coesione nasce dall’omogeneità, non dal rispetto. Una visione che riduce la democrazia a club privato per cittadini “compatibili”.
Il piano prevede anche la cancellazione di centinaia di migliaia di domande già approvate e limiti al reinsediamento in aree dove è alta la presenza di immigrati, per evitare “la concentrazione di cittadini non nativi” e persino test del dna sui bambini per accertarne l’origine. L’intero sistema inoltre verrebbe sottratto al controllo internazionale delle Nazioni Unite, per essere affidato direttamente alle ambasciate statunitensi: un’autorità politica che decide chi merita di vivere negli Stati Uniti.
Il portavoce del Dipartimento di Stato, Thomas Pigott, ha difeso la linea: “Questa amministrazione – ha detto, secondo quanto riporta il New York Times- mette al primo posto gli interessi del popolo americano”. Ma quale popolo? E di quale America parliamo? Quella che costruì la sua identità accogliendo chi fuggiva da fame, guerra e dittature, o quella che ora misura la dignità umana in base al colore della pelle e all’accento? I padri fondatori — da George Washington a Benjamin Franklin — pur con tutte le contraddizioni della loro epoca, sognavano una repubblica fondata sulla libertà, sul diritto a cercare rifugio e dignità. E, a cavallo del XIX secolo, la Statua della Libertà divenne il simbolo universale di quel sogno. Sul frontespizio del piedistallo è inciso il celebre passo della poesia The New Colossus di Emma Lazarus:
“Dammi i tuoi stanchi, i tuoi poveri,
le masse accalcate che desiderano respirare libere,
gli scarti miserabili delle tue coste affollate.
Mandami loro i senzatetto scossi dalle tempeste,
io sollevo la mia lampada accanto alla porta d’oro!”
La “nuova” America che Trump promette non è più la patria della libertà. È un laboratorio politico dove la paura diventa legge, la diversità un rischio e il razzismo una politica pubblica.
(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati https://associatedmedias.com/usa-cambia-il-programma-rifugiati-trump-vuole-che-entrino-solo-bianchi-e-anglofoni/