Chissà come ti inganni, come sopravvivi, come ti racconti le menzogne per non affogare. Quali razionalità invochi mentre sogni una persona da amare, un corpo da scopare, un essere umano da abbandonare e un altro da abbracciare. Quali arzigogolate congetture invochi pur di non cambiare lavoro.

Spremere la vita, farne un vero capolavoro senza sprecare mai tempo, godere dei minuti, delle ore, delle occasioni e delle opportunità di strappare felicità all'esistenza. Quello il talento del vivere, non temere nulla nel compiersi, diventare ciò che già sei e che non pensavi saresti mai diventato.

Poche cose mi creano disistima come l'incapacità di riconoscere a terzi i meriti e il valore che gli altri hanno, per i troppo impegnati a lodare chiassosamente il millimetro che percorrono, mentre gli altri macinano centinaia di chilometri, silenziosi.

In fin dei conti, tifare per gli ultimi mi risulta indispensabile, detesto chi si proclama vincente, spesso in discordanza col rispetto di chi è caduto, di chi non ha potuto e di chi avrebbe voluto se fosse stato invitato. Ecco, quelli esclusi dalle feste mi avranno sempre dalla loro parte.

Abitare il digitale come forma di alternativo metadone, simil succedanea a una realtà, a un tangibile non pienamente soddisfacente e che, potendo, farebbe barattare subito con lo stare con chi si vorrebbe essere, a essere ciò che non può, a far ciò che si desidererebbe compiere ma che non si riesce.

Curiosa questa felicità, un poco timida che non vuole palesarsi per paura di essere scoperta, eppure parecchio puttana, che se potesse cavalcherebbe ogni anfratto di pubblico piacere. Alla fine si mette lì, le gote rosse per il il pudore, le chiappe in fiamme perchè ha goduto, così si oblia, fiera.

Minimizza pure l'amore, tanto la questione è semplice: quando arriva sei fottuto, e improvvisamente ti trovi a chiederti a quante balle ti sei dovuto sparare in vena per restare a galla senza apparire un tossico di solitudine. Amore per un uomo, una donna, un dio, uno straccio di ideale poco rileva.

Nessuno dovrebbe iniziare la giornata senza un abbraccio.

E poi, che è successo? Nulla, ha vinto la vita. Il che può essere la cosa più bella o più triste che esista.

Risiede qualcosa di estremamente seduttivo nella cultura, quando si distanza da strumento elitario e snobista, per diventare elemento di inclusione e vicendevole crescita. Quel tratto distintivo diventa se-ducente, compiendo quell'etimologico seducere del portare in disparte, nella fascinazione.

Egoismo e amor proprio, una linea sottilissima a discernere il troppo valore del sé e la giusta importanza nel percepirsi compiuti, felici, appagati. Eppure una demarcazione netta esiste: nell'amor proprio nessuno è leso e, mentre non ignori le spettanze altrui, semplicemente non dimentichi le tue.

Ho sempre notato che si è nudi non tanto quando si è svestiti, piuttosto quando cedi le tue fragilità a una persona, confidando che ne uscirai più forte di prima. Lì sei senza abiti, senza pelle, senza nulla, talchè un gesto o un tono inopportuno e sei di colpo coperto da mille coperte di ghisa.

Ho voglia di impossibile.

Quanto mi piace la gente che non dà la colpa agli altri.

Dire no, non ho voglia, non me la sento, rimane comunque una risposta degnissima, giusto per ricordarsi sempre che rifiutarsi è un diritto. Ciò in qualsiasi fase, in qualsiasi momento, di qualsiasi relazione.

Guardo il cielo stasera e mi sento piccolissimo e immenso, un pulviscolo e l'eterno, mi sento chi sono e chi non sono. Mi sento l'intera umanità e nemmeno me stesso; ridimensionarsi per elevarsi. Che terribile tentazione irresistibile, immergersi nel Creato e sparire, per diventare chi sei.

Gli accadimenti più intensi, più veri, piu travolgenti nulla hanno a che fare con la volontà, con la costruzione. Ciò che puoi costruire è la tua essenza più profonda, parata ad accogliere tale bellezza con le giuste coordinate emotive, scoprendo poi che vi sarà un fianco che comunque sarà scoperto.

Per esempio il rovescio di Federer. Ogni tanto andare a riguardarselo.

Uno scambio notevole, profondo. La magia di quando percepisci lo stato di qualcuno e gli scrivi, quasi fosse un flusso incontenibile. E d’incanto scopri che non sei tu ad essergli stata utile, ma lui a te. Amo I “maestri” che non hanno la pretesa di insegnarti qualcosa❤️

I dolori lancinanti non hanno manici ergonomici né prese facilitate. Sono coltelli fatti di sole lame seghettate che ti sono consegnati mentre stavi tagliando il pane in un giorno qualunque. Gli addii non bussano, non chiedono permesso, non ti avvisano, non ti preparano. Ti violentano silenti.

Credo che tanto si perda nel non detto, nella paura di verbalizzare le proprie passioni, le pulsioni, ciò che amiamo. E se ciò che detestiamo non fatichiamo ad esprimerlo, nel dire un mi piaci, un ti amo, un ti voglio, arranchiamo pavidi. Come se del bene provassimo vergogna e dell'ostile affatto.

L'amore mieloso mi ha sempre poco appassionato, quasi che voglia colmare una qualche mancanza di contenuti, a supplire con la forma un difetto di sostanza. Adoro le dolcezze e le delicatezze se figlie di una fermezza romantica piuttosto che di un verboso glucidico, spesse volte solo autocelebrativo.

L'istinto è spesso sopravvalutato. Più affidabile per questioni di chimica, il più delle volte lo si tende a idealizzare come una divinità inconfutabile. L'istinto ha maglie larghissime fatte dei nostri traumi, delle sofferenze, delle mancanze. Spesso di desideri disattesi o delle paure irrisolte.

I sentieri dell'attrazione carnale non conoscono logiche, razionalità, ancor meno buonsenso. Si attestano sulle più oscure suggestioni; un rapporto con noi stessi ancor prima dell'altrui contatto con pelle e umori. Assolta l'unica condizione, il volere reciproco, tutto vale se asservisce al piacere.

La maleducazione priva di una causale, lo sgarbo perchè hai il cazzo di traverso, la malacreanza perchè Saturno contro, la scortesia; la vita funziona a cascata nella giungla, nel mondo evoluto esiste il contenimento, l'autocontrollo, il rispetto dell'interlocutore, privo di colpe del tuo malessere.

Dei ricordi ne apprezzo la capacità di agguantarti il collo con un morso, spiegandoti innocentemente che volevano solo baciarti; alla fine si puliscono l'avambraccio sporco di sangue con la bocca, strisciandolo lentamente. Il gran finale: non ti chiedono se ti è piaciuto, perché mentre soffri, godi.

Il viaggio della vita finirà. La faccenda è che spesso si vive come fossimo eterni. A me l'idea che esista una fine mi ha sempre più motivato che terrorizzato, più spronato a spremerla, a renderla un viaggio meraviglioso in cui possa lasciare qualcosa di buono senza diventare ciò che non sono.

Tormentarsi per sentirsi vivi, è forse questa la peggiore delle involontarie miserie? Quando non hai seri motivi per soffrire, eppure la mente cerca perversamente un motivo, una ragione. Quasi che la calma impaurisca, la quiete intimorisca, la serenità rappresenti una terra straniera da cui fuggire.

Le esperienze dolorose sono un tunnel in cui amo spegnere le poche luci. Non so, è come se barassi nel volerle lasciare accese; preferisco buttarmici dentro sapendo che nessuno stato è eterno, gioia o dolore che sia, confidando che il tunnel ha una fine e che la luce in fondo qualcuno attenderà.

Il senso della vita, una delle domande che più mi angustia, ciò al pari del tempo che scorre; non è esistito giorno in cui queste domande non abbiano solcato i miei pensieri. Amare, godere, emozionarsi, imparare, creare sono i verbi che cerco di rappresentare nel mio cammino, fosse anche uno solo.

Il cortile della prima casa di famiglia, quello dove giocavo da bambina. Quando sogno che mi succede qualcosa, quello è quasi sempre il posto

Esistono sensazioni incomprensibili, ma talmente belle che non le scambierei nemmeno con tutte le certezze di cui ho bisogno.

Un momento speciale l'alba per noi insonni, una terra di mezzo che non vede più il porto di partenza ma nemmeno l'attracco finale. Un tempo lunghissimo e infinito in cui escono le persone che ti mancano, i fallimenti conseguiti, l'ora in cui la solitudine picchia duro, nonostante solo tu non sia.

Credo al bene, disinteressato, senza fine, senza senso, persino senza logica. Credo al bene e far del bene, fino a indurre il pensiero "cosa vorrà ora in cambio?". E poi non volere nulla, non pretendere nulla. Dare senza motivo, scriteriatamente, alleggerire, rendere il mondo, il proprio, piu degno.

Mi guardo con pietà solo da pochi anni, mi perdono da poco, ho vissuto per anni col fucile puntato alla tempia per un respiro di troppo, ho detto basta. Basta di me aguzzino, di me giudice che applica solo ergastoli, basta. Lentamente mi concedo il lusso dell'errore felice. Sbaglio ma vivo, godendo.

Questo è l'orario del vino. Il weekend termina e inizio a prefigurare la settimana che mi attende, un momento per fare il punto, stupendomi di ciò che gia ho. Nel farlo mi impongo l'esercizio del ricordo, le mie fortune, le persone che mi vogliono bene, chi posso aiutare, chi voglio essere, chi no.

Il fascino autentico non sa di essere tale. "Chi io?", così ti risponde. Nessuna finta modestia. Il fascino è sempre inconsapevole, non si autolegittima ostentando se stesso, sinceramente chiede conto perché non comprende, a digiuno di luce nasconde la sua essenza, per il pudore della visibilità.

Aeroporti e anime in movimento. Mi piace osservare. Mi piace immaginare le loro vite. I volti raccontano tanto e seguo i loro tratti. Chissà se qualcuno fa lo stesso gioco e guarda anche me.

Ho sempre faticato col vittimismo, lo ammetto. Quella sensazione perenne di incolpare controparte, il mondo, le galassie, senza che mai vi sia un'assunzione di responsabilità. Perché chi è vittima davvero detesta l'offendente, non incolpa l'umanità, e spesso nemmeno ti fa sapere ciò che ha subito.

Basterebbe non guastare le feste altrui anche se sai già il finale del film, soprattutto se conosci il finale amarissimo. Non sei nessuno per svelare il trucco; certe illusioni possono tenere in vita le persone, imposture funzionali che sottraggono le altrui esistenze da asfittiche verità.

Qui è quando alzo gli occhi al cielo e annoto che la chiave di violino ha abbandonato il giogo dello spartito, illuminandosi in solitudine. Il pentagramma è vuoto, pronto per esser riempito da note nuove, da musica. Perché ogni rigo vuoto è gabbia od opportunità, secondo la sinfonia che cerchi.

Abbiamo tutti la medesima esigenza, fare uscire qualcosa di noi altrove, persona o luogo che sia. Chi scrivendo, chi disegnando, chi suonando. Chi con un orgasmo, chi con un urlo, chi semplicemente guardando. Le emozioni perimetrate muoiono nemmeno di vecchiaia, giovani ti guardano, nel loro addio.

La maggior parte dei disagi psicologici credo accada per tre motivi. Impuntarsi per piacere agli altri, fino a diventare chi minimamente non sei. Temere di rimanere soli, compiendo scelte scellerate che ti fanno sentire ancora più solo. Partecipare a competizioni a cui non sai di essere iscritto.

Stasera l'ennesima prova di un fatto. Chi non ha mente gli ultimi, i poveri, gli indigenti, i detenuti, le vittime a vario titolo della vita è perché non ha potuto o voluto conoscer di persona queste storie o mai ne è stato toccato. Diversamente, o sei una merda, o è impossibile rimanere inerti.

Quando si investe qualcuno dei propri sogni gli si affida una responsabilità che non sempre ha a che fare con l'amore. Sarà che ho sempre pensato che i sogni sono un affare tra me e me, e che sognare ha il concreto rischio del risveglio. Sarà che quando ami, vorresti che l'altro non si svegli mai.

Appartarsi nella camporella della vita, sapere tu e solo tu di emozioni, scritti, azioni del tutto slegate dalla logica ma che ti fanno sentire bene, pulito, vivo; eccole lì le strade che, nonostante tutto, riescono ancora a farti dire che non era tutto qui, che puoi ancora crescere, sentirti vivo.

Sii te stesso è una delle frasi che più detesto, non tanto per l'inutilità del consiglio, piuttosto per la certezza del disattenderlo. Siamo umani, capienti, contraddittori, molteplici, fallibili, geniali, miseri, volubili e molteplici. Siamo infinite strade, variabili secondo infinite coordinate.